Facebook censura? Mandatelo a quel paese, venite su Mastodon

11/09/2018

Non abbiamo ancora visto il film su Cucchi (rimedieremo al più presto) ma intanto ne abbiamo visto un altro, bruttino, un po’ banale. I buoni erano ragazzi arrabbiati contro le violenze degli uomini di stato, i cattivi le solite multinazionali senza scrupoli. La trama: esce al Cinema “Sulla mia pelle”, il film di Alessio Cremonini con Alessandro Borghi e Jasmine Trinca che racconta la vicenda di Stefano Cucchi, morto trentenne nell’ottobre 2009 dopo un pestaggio dei Carabinieri. A distribuirlo nelle sale è Lucky Red, uno dei principali player del mercato italiano. Contemporaneamente, va sul catalogo di Netflix. Spazi sociali e realtà associative, in molte città, decidono di proiettarlo pubblicamente e gratuitamente, perché quella terribile storia di ferocia in divisa raggiunga più persone possibile. Quasi tutte hanno adottato Facebook tra i canali su cui promuovere le proiezioni. Lucky Red dice a Facebook: ehi guarda, il copyright di quella roba è mio. E Facebook cancella eventi e messaggi dalla propria piattaforma. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, esprime dispiacere e amarezza per la cancellazione. Una trama banale, abbiamo detto, perché è tutto scontato. Una delle più grandi corporation mondiali, che di mestiere lucra su parole e immagini dei suoi utenti, protegge i profitti di alti ricconi, oligopolisti del lucroso mercato della distribuzione cinematografica, senza badare minimamente al sodo della questione, che ricordiamo è sempre un uomo ucciso dai carabinieri. Beh, che altro ci si dovrebbe aspettare da Facebook? Serve a poco sdegnarsi e invocare la libertà di espressione, Facebook è un privato e di quel che ci si carica fa quello stracavolo che gli pare. Quello che invece serve è mandarlo a quel paese, smettere di usarlo per promuovere iniziative dal basso e in generele smettere di perderci tempo. Serve e si può, perché l’alternativa c’è. Esiste la tecnologia per creare un social network libero dalle logiche del profitto e rispettoso dei propri utenti. Si chiama Mastodon, è software libero. Ed esistono migliaia di server, liberamente federati tra di loro, non assoggettati alla schiavitù del copyright né al business predatorio dei dati. Noi siamo Bida, un collettivo di attivisti e hacktiviste attivo a Bologna, e il 13 giugno abbiamo aperto a tutti un nodo (istanza) mastodon che mira a preservare tutti i buoni insegnamenti dell’esperienza di Indymedia, che lo scorso decennio ha fatto la storia della comunicazione libera e autonoma. Per iscriversi non vogliamo nessun dato, basta una mail e basta non essere fascisti, sessisti o razzisti. L’indirizzo è http://mastodon.bida.im. Qui c’è il nostro manifesto, che spiega a fondo la filosofia del progetto: https://mastodon.bida.im/about/more. Durante questa estate si sono iscritte oltre mille persone e si è formata una community vivace, che fa controinformazione e discute in maniera costruttiva e rispettosa degli argomenti più svariati, dai più seri ai più futili. Di fake news, intolleranza, atteggiamenti offensivi o denigratori non c’è mai stata nessuna traccia. Insomma, si sta benissimo. La quotidiana riappropriazione degli spazi digitali è la migliore arma per combattere le idee di odio, la manipolazione delle informazioni, la profilazione invasiva. E’ tempo per chi ha a cuore la libertà di abbandonare Facebook e aprire un account su un’istanza Mastodon, o se ne ha le conoscenze, di dar vita a un nuovo nodo. La storia insegna che chi censura è destinato a soccombere.