Facebook vs. Rojava, spiegata bene (e cosa possiamo fare noi)

18/10/2019

Prosegue a spron battente la caccia grossa dei moderatori di Facebook alle pagine e agli utenti che sostengono la Resistenza della Siria del Nord attaccata da Erdogan. In due giorni a sparire dal social network sono stati sia i profili di diversi siti di controinformazione di movimento sia quelli di molteplici collettivi e centri sociali. Tutto ciò è odioso e ribadiamo la nostra solidarietà alle realtà colpite, ma crediamo che in senso stretto sia fuorviante parlare di censura, termine che indica il controllo di poteri statali o religiosi nel confronto di quanto si può scrivere, rappresentare, mettere in scena. Facebook non è stato né chiesa, è una colossale multinazionale che possiede i contenuti pubblicati sulla sua piattaforma, come scritto nei termini d’uso che si accettano a ogni iscrizione.

Quali meccanismi portano alla sospensione di un profilo? L’insieme degli algoritmi che monitorano le attività sul social network svolge la gran parte del lavoro segnalando i contenuti da controllare ai moderatori, precari alle dipendenze di società terze a cui Facebook esternalizza. Una recente inchiesta giornalistica ha documentato le terribili condizioni in cui lavorano queste persone. I criteri che guidano la moderazione sono discrezionali e opachi, quel che è certo è che il fine ultimo è la difesa degli interessi economici della casa madre. L’affare è la produzione, analisi e vendita di dati sugli utenti attraverso la profilazione delle loro attività sulla sua piattaforma e quelle a essa collegate (Instagram, WhatsApp). La Turchia ha 80 milioni di abitanti: se su un piatto della bilancia c’è il rischio di perdere presa su un mercato simile, e dall’altro la libertà di espressione, è facile predire da che parte penda l’ago in casa Zuckerberg.

A tutto ciò esiste un’alternativa concreta: riappropriarsi dei mezzi di comunicazione e partire per l’esplorazione del Fediverso. È una galassia di social network basati su nodi decentrati e federati tra loro, popolati da milioni di persone: comunità in cui è possibile dotarsi di proprie regole. Ce ne è per tutti i gusti, mirate alle foto, alla musica, alla scrittura. Quella più famosa è Mastodon, una piattaforma di microblogging rilasciata come software libero. Con oltre 5.200 utenti e decine di nuovi iscritti ogni giorno, il nodo gestito dal collettivo Bida, mastodon.bida.im, è l’istanza di lingua italiana più numerosa: una comunità vivace ma consapevole le cui regole sono state decise da chi partecipa e che sperimenta quotidianamente una comunicazione autonoma. Il metodo è il contenuto: la comunicazione delle lotte, la libera espressione del dissenso, sono più forti se diffuse con mezzi autogestiti e federati rispetto all’utilizzo dei “megafoni” di una società multinazionale for-profit. Non abbiamo intenzione di chiuderci in un recinto di iniziati e siamo consci di essere davanti a una sfida enorme, che richiederà un grande sforzo collettivo di organizzazione, condivisione di saperi e diffusione di pratiche per essere portata a termine. Ma la strada è tracciata e non ci fermeremo.

W la Rivoluzione del Rojava, W la Resistenza!